lunedì 26 dicembre 2016

Andar per presepi: a Bologna visite guidate a 36 presepi storici e artistici

Quest'anno il Comune di Bologna ha organizzato una serie di visite guidate ai più bei presepi della città, spiegate da professori ed esperti. Visite guidate gratuite e molto molto seguite, adatte ad un pubblico adulto.
il presepio contemplativo di Grazia Sarcina

Il 26 dicembre visita guidata per due gruppi, con due punti di partenza in centro a Bologna.
Io e mio marito abbiamo iniziato la visita dal Cortile di Palazzo d’Accursio, il palazzo comunale di Bologna, per seguire le spiegazioni del professor Fernando Lanzi. Inizio della visita proprio il Cortile del Palazzo, che ogni anno ospita un presepio artistico. Quest’anno è in mostra il “presepio contemplativo” di Grazia Sarcina con statue in terracotta a grandezza naturale, personaggi dall’aria quasi meditabonda, ma dalle figure e dai visi finemente realizzati. In particolare la Madonna dal profilo molte dolce e i capelli raccolti in un velo, guarda il suo bimbo pensierosa.

Per la seconda tappa, il professor Lanzi ha condotto il gruppo nella Corte Isolani lato Strada Maggiore, dove ci ha illustrato un presepe ancora in terracotta, opera di un’altra artista donna, Claudia Cuzzeri. Un presepe attualizzato, a significare che Gesù viene anche oggi per noi, riprendendo la tradizione viva fino al ‘700, quando le statuine vestivano gli abiti dell’epoca contemporanea. Personaggi moderni, dunque, una scolaresca sullo sfondo, scene di vita quotidiana; i re Magi, tre bambini di etnie diverse, l’ambientazione proprio il portico di Corte Isolani, uno dei più antichi di Bologna e un palazzo di Piazza santo Stefano. Da una parte ma in primo piano, la curiosa figura del “dormiglione”, che Lanzi ha spiegato essere colui che non risponde all’annuncio, figura tipica di molte rappresentazioni dei presepi bolognesi del ‘700, che in questa scena è affiancato da un ragazzo-angelo con le ali dentro lo zaino che tenta invano di svegliarlo.


Al Museo Davia Bargellini in Strada Maggiore, un susseguirsi di pregiati presepi tra ‘700-‘800 opere di artisti-artigiani bolognesi. Dietro la mano dell’artista, il pensiero del teologo con presepi carichi di un’intensa simbologia, che solo l’occhio esperto può decriptare. La Madonna fino a metà del ‘700 non rivolge gli occhi al bambino, anzi è triste e pensierosa in riferimento al versetto del Vangelo di Luca “Maria serbava queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19): la rappresentazione della consapevolezza di Maria del destino di suo figlio. Maria che allatta è invece il simbolo della Chiesa che nutre. Il bimbo dentro la mangiatoia, è Cristo che si fa Eucarestia. L’ambientazione delle rovine romane mostra la fine della religione politeistica. Il pastore con la pecora offerta in dono, è già il sacrificio di Cristo.

Le parole del professor Lenzi ci aiutano ad osservare e riflettere sulla scena ad un livello più profondo, imparando a leggere anche i presepi di casa nostra con altri occhi.

Prossime visite guidate: 6 e 8 gennaio ore 15.30 
www.comune.bologna.it

di Cristina Radi

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Cosa fare con i bambini a Locarno? Proposte da Locarno on ice

Il giro del mondo in 250 presepi: la mostra di Bellinzona fino all'8 gennaio 2017

Cosa fare con i bambini a Locarno? Proposte da Locarno on ice

Per chi rimane a Locarno in queste due settimane di vacanze natalizie, Locarno on ice offre tante attività per i bambini, di mattina o di pomeriggio.



Chi come i miei figli, non sa pattinare o lo fa maluccio, un insegnante del Club Pattinaggio Ascona offre gratuitamente lezioni alle ore 10 del 27, 28 e 29 dicembre e del 3, 4 e 5 gennaio.

I pomeriggi invece sono dedicati a laboratori creativi o a racconti teatrali.
Il 27, 28 e 29 dicembre alle ore 15.00 Atelier creativi dedicati alla costruzione di pupazzi e animaletti, mentre la domenica 1, il sabato 7 e la domenica 8 gennaio alle 15.30, storie di ghiaccio raccontate da Vicky De Stefanis o da Christina Galfetti Schneider.

di Cristina Radi

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Scrittori e scrittrici ticinesi: Non sono Cappuccetto rosso, il libro necessario di Roberta Nicolò

Non sono Cappuccetto rosso (Ma.ma edizioni, 2015) è un libro necessario e coraggioso di Roberta Nicolò, giornalista ed antropologa conosciuta per il suo webmagazine Faigirarelacultura e per gli articoli sempre interessanti di antropologia, che scrive sul settimanale Azione.


Una prosa nervosa che procede con una punteggiatura inusuale con tanti tanti punti fermi e maiuscole ovunque, perché quando si fa il punto sulle cose importanti della vita, sulle certezze conquistate con fatica anche la punteggiatura aiuta a fare chiarezza.
La storia autobiografica si fa strada come un puzzle, che rispecchia il procedere della memoria. Da un mosaico fatto di tessere-ricordo man mano si ricostruisce un quadro, una persona. Flash, frammenti che come un occhio di bue su un palco, mettono a fuoco ora una bambina, ora una donna, entrambe sole e impaurite, entrambe cercano di vivere nonostante, provano a darsi una patina di normalità, ma non sempre ci riescono. Nella donna poi c’è una fame di verità, che finalmente solo dopo i trent’anni viene saziata e da lì “ogni cosa è illuminata”. Il mostro, l’ombra spaventosa dell’infanzia, nella maturità finalmente ha un volto, un corpo contro cui si può combattere anche fisicamente, per sconfiggerlo e archiviarlo. 
Roberta Nicolò
Grazie anche all’aiuto della madre, Roberta ricorda l’abuso subito a 5 anni e può finalmente elaborare il trauma, sciogliere il grumo opaco di dolore con il racconto, come dice anche la psicologa Silvia Vegetti Finzi. Il racconto diventa poi anche pubblico e una giustizia giudiziaria prova almeno in parte a riequilibrare le cose.
Ci vuole un gran coraggio a scrivere questo libro breve, intenso, ben scritto, un libro necessario: il coraggio di ama ancora il suo prossimo e grazie alla propria testimonianza, alla propria esposizione vuole aiutare chi è ancora preda dei mostri. Un libro in cui l’autrice dimostra che il racconto condiviso riesce a dare forma ai lupi cattivi, che solo così possono essere combattuti e anche se con fatica anche sconfitti, per riprendersi indietro finalmente la propria vita.

di Cristina Radi

lunedì 19 dicembre 2016

Los Amigos de la lengua española si fanno in 7 al Cinema di Ascona

Per gli amanti della lingua di Cervantes, l'associazione Los Amigos de la lengua española torna a proporre la sua consueta rassegna di film in lingua al Cinema Otello di Ascona dal 19 gennaio al 27 aprile 2017, alle ore 18.30.


7 lungometraggi di registi e registe del panorama cinematografico spagnolo e latinoamericano odierno, in particolare Cile, Argentina e Messico, che danno la possibilità di apprezzare modalità di narrazione cinematografiche differenti tra loro, ma uniti dal desiderio di comunicare al pubblico il piacere dello spettacolo anche quando le vicende portate sullo schermo non sono di solo intrattenimento.



I sette lungometraggi in programma hanno come filo conduttore la famiglia nel contesto della società contemporanea.
Sono lungometraggi che in generale trattano di problemi della società odierna o di personaggi pubblici come Neruda del regista cileno Pablo Larrain, che apre la rassegna il 19 gennaio. Il lungometraggio interessante e complesso porta allo schermo la vita del grande poeta Pablo Neruda nel contesto della società cilena in momento storico particolari.

I film vengono proiettati con sottotitoli in francese o tedesco

Programma completo su:

LOS A M I G O S D E L A L E N G U A E S P A Ñ O L A

LA ASOCIACIÓN ESPAÑOLA DEL TICINO.

Biglietti fr 13

Soci presentando la tessera 7 Fr.

Studenti soci gratis (presentando la tessera)

Circolo del Cinema, AF, AVS 10 Fr.

Studenti 7 fr


venerdì 16 dicembre 2016

Marchés de Noël in Alsazia, Francia: cosa c’è da vedere, da vedere assolutamente e da lasciar perdere (citazione RSI)

Recentemente sono tornata in Alsazia (Francia), con la famiglia per visitare la regione e fare qualche giro nei numerosi mercatini di Natale, disseminati un po’ in tutte le cittadine. 
Infatti anche le più piccole, soprattutto quelle che si trovano nella Route des Vins, si pregiano di avere mercatini magari solo per il fine settimana e nei giorni festivi; abbiamo poi terminato il giro a Strasburgo. In ogni città oltre al mercato anche tante iniziative collaterali di musica e spettacoli anche per i bambini.


Il mercato, che mi è sembrato meglio organizzato e più variegato, è stato senz’altro quello della città di Colmar, con depliant in diverse lingue, tra cui l’italiano e bancarelle divise in varie aree della città in una sorta di sezioni tematiche. Molte le bancarelle con prodotti particolari di artigianato e anche un’intera area dedicata ai bambini con anche qualche gioco e bancarelle con colori e tecniche di colorazione inusuali e pupazzi ma sempre con la cifra del bio, quindi riempiti di lavanda da scaldare per la giornate fredde o piccoli malesseri.
Anche Barr ha un piccolo mercato al coperto ma degno di nota con tanti prodotti artigianali, e una sorta di anticamera con giochi di legno per intrattenere i bambini. Anche a Barr il periodo di Natale è ricco di iniziative culturali.


Un po’ più deludente invece il grande mercato della città di Strasburgo, dove ho notato anche rispetto allo scorso anno, che si è data sempre più la priorità a bancarelle di prodotti alimentari da consumare subito, come crepes e vin brulé piuttosto che artigianato e manufatti originali.

Vale la pena citare anche se un po’ fuori zona anche il mercato di Natale di Freiburg in Germania, anche questo non di ampie dimensioni ma senz’altro con prodotti di pregio, l’unico in cui abbia trovato un’ampia scelta di cappelli, sciarpe, guanti in lana fatti a mano.

lunedì 12 dicembre 2016

Memento mori? La mostra di Javier Marìn a Casa Rusca di Locarno fino all'8 gennaio 2017

Memento mori? Potrebbe forse essere questo un possibile sottotitolo alla bella mostra dell'artista messicano Javier Marìn (1962), con l'allestimento a cura dell'archistar Mario Botta, in corso alla Pinacoteca Casa Rusca di Locarno fino all'8 gennaio 2017.


È un'esposizione in cui risaltano forti i contrasti: luci e ombre, pieni e vuoti, pesantezza e fragilità, morte e vita, materiali perenni e deperibili. 
Concetti che certo non possono lasciare indifferente, neppure il visitatore meno avvezzo all'arte contemporanea. Ed infatti uno degli obbiettivi dell'arte di Marìn è cercare di dare un messaggio universale, anche allestendo grandi esposizioni all'aperto in luoghi cittadini di passaggio, perché appunto non può sfuggire che ovunque trapela dalle sue opere, il senso della precarietà della condizione umana.

Grandi teste, giganteschi corpi sovrastano lo spettatore e sembrano disfarsi, liquefarsi da un momento all'altro. Corpi pesanti, come è pesante a volte la condizione corporea, ma anche corpi costruiti e poi distrutti, caratterizzati da profondi tagli o a pezzi, tenuti insieme da fil di ferro. 
Un'operazione che di primo acchito sembrerebbe una vera e propria insensata fatica di Sisifo: un'opera viene creata pressoché perfetta, per poi essere tagliata, rotta e ricostruita.
Ma è un po' anche questo il ciclo della vita, alla nascita ci viene affidato un involucro quasi perfetto che man mano si taglia, si decompone, si disfa sistematicamente ed inesorabilmente di giorno in giorno.

A ragione ho letto in più fonti che nell'arte di Marìn si distinguono anche influssi di origine barocca; un barocco tetro e teatrale allo stesso tempo, in cui il disfacimento degli elementi ha anche una componente quasi voyeuristica di esposizione allo sguardo altrui, come nel caso dei Muertitas e Muertitos, salme già in obitorio o corpi in esposizione con etichette da negozio.
L'impiego dei materiali è anche sintomatico: terracotta e resina modellate fino a cercare la plasticità e la trasparenza della pelle. La resina viene poi spesso accompagnata da materiali organici assolutamente deperibili come piante, semi, petali e carne essiccata, a cercare l'effetto differente e a testimoniare che forse neppure l'arte nel suo voler fissare l'attimo, in fondo è eterna.

Del resto non è forse proprio in Messico che si celebra una delle più famose Dia de los muertos, dal concetto tutto sudamericano della cultura della morte prende forse avvio la riflessione dell'artista, fra esistenzialismo e ironia, come nel caso delle gigantesche parti anatomiche - occhi, nasi, bocche, ma anche natiche e sessi - che fanno capolino dalle riquadrature lignee (Relieves cuadrados) o dei piccoli uomini e donne di Hombresitos y mujercitas, che nell'allestimento sono stati posti strategicamente in una parete verticale da soli o in gruppetti di due o tre quasi in chiacchiere da piazza per sottolinearne ancora come la condizione della precarietà ci appartenga persino mentre ci occupiamo delle cose più comuni.


di Cristina Radi

guarda la galleria fotografica



Il giro del mondo in 250 presepi: la mostra di Bellinzona fino all'8 gennaio 2017

Le famiglie di tradizione cattolica hanno spesso rituali legati alla realizzazione del proprio presepio: c’è chi già in novembre va per boschi a cercare il muschio per la decorazione, chi allestisce un presepio più prezioso magari comprato al mercato di San Gregorio Armeno a Napoli, accanto ad uno più dimesso ad uso esclusivo dei bambini, che possono giocare così con le statuine, senza timore di rompere fragili pezzi in terracotta.


In occasione delle manifestazioni legate al Natale a Bellinzona presso la Sala Arsenale di Castelgrande fino all’8 gennaio 2017, è allestita la mostra “Il mondo dei presepi”, un’esposizione dei presepi collezionati negli anni e nelle generazioni dalla famiglia bavarese Hartl, conservati solitamente presso il museo dei presepi Krippenwelt di Stein am Rhein, nel Canton Sciaffusa.
Sono 250 presepi provenienti da 50 Paesi, ognuno caratterizzato da un abbigliamento che ne rivela l’origine, diversi dal Sud America con i tipici abiti delle Ande, dalla Corea del Sud, dalla Polonia e persino di origine Sioux, la tribù autoctona del Nord America.

Fino all’08 gennaio 2017
Sala Arsenale, Castelgrande Bellinzona
Entrata: tutti i giorni dalle ore 10.30 alle 16.00
Biglietti: Adulti Fr. 10.- / Ridotto Fr. 5.- / Famiglia Fr. 15.-

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martedì 6 dicembre 2016

Coraline + Coraline, il film e il libro: quando la perfezione nasconde l'indicibile

Mi piace mostrare ai miei figli film d’animazione che non siano solo Disney, per abituarli ad apprezzare altri modi di creare immagine. Ho recentemente riletto il libro Coraline di Neil Gaiman, illustrato da David Mckean, suo partner anche di altri bei libri (come l’esilarante Il giorno che scambiai mio padre con due pesci rossi) e ho colto questa occasione per vedere con i bambini il film tratto dal libro, Coraline e la porta magica del regista Henry Selick, realizzato con la complicata tecnica dello Stop motion, che consiste nel fotografare posa dopo posa modellini dei personaggi. La riuscita dell’animazione è davvero strabiliante, con una grande attenzione all’estetica del tutto.


Mi avevano detto che era un film piuttosto inquietante per i bimbi. In effetti il cartone rispecchia con qualche piccola infedeltà il pensiero di fondo del libro, scritto con una prosa semplice e veloce adatta ai ragazzi. La trama per certi versi rispetta le regole delle favole come l’eroina coraggiosa e astuta, Coraline appunto, ma soprattutto vuole spiazzare i bambini che non capiscono subito, dove stia il buono e il cattivo. 
Coraline si trasferisce in una nuova casa, dove mentre i suoi genitori sono troppo impegnati per prestarle attenzione, in una delle sue esplorazioni scopre una piccola porta che conduce ad un’altra realtà del tutto uguale alla sua, ma di gran lunga migliorata: c’è un’altra amorevole madre, che cucina cose buonissime e si occupa di lei e così anche un altro padre, ci sono vicini ben più divertenti e giochi che interagiscono con lei. Il solo a non raddoppiarsi oltre a lei stessa, è il gatto nero, anima indipendente e distaccata, che però sarà l’unica cosa reale, sul cui aiuto potrà contare la nostra eroina.


Ho capito che la trama funzionava quando mia figlia all’inizio del film ha invertito le madri, la vera madre disattenta e un po’ scontrosa era per mia figlia la mamma cattiva (io invece mi rivedevo in lei, che in effetti era molto reale), mentre l’altra amorevole e attenta ma con due bottoni al posto degli occhi, la mamma buona. Proprio come Coraline, era caduta nella trappola anche mia figlia. I bambini non possono che identificarsi in questa storia, perché a tutti noi genitori è capitato di essere a volte poco amorevoli e attenti e i nostri figli hanno d’altra parte almeno una volta desiderato di avere genitori diversi eppure uguali a quelli che hanno. Anche mia figlia come Coraline, però, non ci ha messo molto a capire che quel mondo perfetto in realtà nascondeva un oscuro lato inquietante. Mentre guardavo il film pensavo a quegli adulti che attirano i bambini nella loro trappola con promesse di altri orizzonti, fingendosi amorevoli, ma in realtà nascondendo un terribile scopo. Coraline si salva, ma non così le anime dei bambini intrappolati dalla madre ragno nella sua trama, così come tanti bambini anche qui in Svizzera, le cui anime sono state per sempre segnate.
Neil Gaiman
È vero Coraline libro e anche film sono decisamente un po’ inquietanti, ma rivelano ai bambini che non sempre la realtà più bella è quella migliore, ma anzi bisogna diffidare della troppa perfezione perché potrebbe celare una verità indicibile.

di Cristina Radi

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giovedì 1 dicembre 2016

Scrittori e scrittrici ticinesi: Cento lacrime, mille sorrisi: vivere con intensità i momenti sereni

Ho letto in pochi giorni Cento lacrime, mille sorrisi della scrittrice italiana di nascita ma ormai da lungo tempo in Ticino Chiara Pelossi Angelucci edito da Sperling & Kupfer. Racconto autobiografico, in cui la famiglia di Chiara si deve confrontare con la grave malattia di Anna, sua seconda figlia appena nata.

Il libro è scritto in tono volutamente leggero, senza però perdere la dimensione di una realtà comunque difficile da affrontare, specialmente se oltre alla malattia intervengono fattori come dottori poco capaci o poco inclini ad altre visioni oltre la loro, a volte limitata.
Chiara Pelossi-Angelucci
Per un genitore la malattia di un figlio è la cosa peggiore che possa capitare, una mia amica mi ha detto recentemente che quando sei ci sei dentro ci sono “alti e bassi… e questa alternanza è fondamentale per la sopravvivenza”. 
Giocoforza tiri fuori risorse insospettate e soprattutto impari a vivere più intensamente i momenti positivi. E questo è anche il messaggio che esce forte dal libro di Chiara Pelossi, il brutto c’è e non ce lo possiamo nascondere, ma il negativo insegna a vivere il presente buono in maniera più intensa e nutre l’animo, infondendo energia anche nelle tenebre.

di Cristina Radi

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mercoledì 30 novembre 2016

Pastorale Americana: il sogno americano fatto a pezzi

Cinema e letteratura, nel bene e nel male, sono da sempre strettamente legati, a questo proposito ho visto recentemente American Pastoral (Stati Uniti, 2016), tratto dal capolavoro di Philip Roth, vincitore del Premio Pulitzer. Un film che ha fatto discutere, ancor prima della sua uscita, perché nessuno prima di Ewan McGregor, che oltre a dirigere il film ne è anche il protagonista, si era confrontato con questo vero pilastro della letteratura a stelle e strisce.


La vicenda narra la vita di Seymour Levov, detto “lo Svedese”, un uomo leale e coraggioso che incarna quello che nel nostro immaginario è il sogno americano. Sogno che si infrange già all’inizio della storia (anche se noi spettatori ce ne rendiamo conto solo alla fine) quando sentiamo la sua splendida bambina bionda balbettare. Un piccolo difetto nella vita perfetta dello Svedese e di sua moglie ex Miss New Jersey (Jennifer Connelly) . Difetto che diventerà sempre più grave trasformandosi in tragedia quando la figlia (interpretata da una bravissima Dakota Fanning), ormai adolescente, compie un atto terroristico che provoca una vittima.

Il dramma del protagonista esplode con un rumore ancor più assordante dell’atto terroristico della figlia, quando la vedova dell’uomo ucciso nell’attentato, dice a lui e alla moglie, che lei e i suoi figli riusciranno a sopravvivere a questo grande dolore, ma lui e sua moglie non ci riusciranno, perché hanno perso una figlia ancora in vita… La moglie impazzisce dal dolore e riesce ad uscirne e a trovare una ragione di vita nella chirurgia estetica e nelle attenzioni di altri uomini. Lo Svedese passa invece tutta la vita a cercare la figlia scomparsa, per poi ritrovarla, senza più balbuzie, in uno stato di disperazione profonda. Fa solo da sfondo al film il contesto storico del Paese, come l'oppressione dei neri d'America, che tanta parte aveva avuto nel romanzo, per lasciare spazio alla disperazione senza ritorno di un padre alla ricerca della sua bambina bionda che ormai non esiste più.

lunedì 28 novembre 2016

L'arte di Marianne Werefkin attraverso gli occhi dei bambini di Ascona

Divulgare il lavoro di un’artista donna che spesso rimane nell’ombra spazzata via dalla censura di una storia fatta di soli uomini, è già un impegno importante, se a farlo poi sono dei bambini delle elementari l’operazione diventa davvero preziosa. È il caso del lungometraggio “La vita di Marianne Werefkin” realizzato nell’ambito di un laboratorio scolastico dalle scuole elementari di Ascona, con la direzione dell’artista Carmen Perdomo.


Con la tecnica del teatro di figura, si racconta la storia dell’artista espressionista russa Marianne Werefkin, nata in Russia nel 1860 e morta ad Ascona nel 1938. Figlia di una famiglia aristocratica russa, si dedica alla pittura, diventando presto molto famosa, e continuando a dipingere nonostante un brutto incidente alla mano destra. Sfortunata in amore, si lega sentimentalmente all’artista Jawlensky, rinunciando alla sua carriera per dedicarsi alla promozione dell’arte di lui, in cambio ne riceverà solo tradimento ed abbandono. A Monaco è l’anima di un importante circolo di artisti frequentato abitualmente anche da Kandinsky russo come lei e maestro dell’astrattismo, che prende ispirazione da lei anche per alcune sue idee pittoriche. Rimasta sola si trasferisce ad Ascona, dove riprende a dipingere, accolta dal famoso cenacolo di artisti del MonteVerità, luogo in cui viene data propulsione anche all’arte delle donne. Qui trascorre l’ultima parte della sua vita, creando molte opere, che ora appartengono numerose al Museo d’arte moderna di Ascona.
Il video dei bambini è molto simpatico e ben fatto, la narrazione con i burattini di cartapesta e stoffa è scorrevole e piacevole, con un chiaro occhio artistico globale a tenere insieme divertimento ed estetica. Curati anche i dettagli come i fondali davvero apprezzabili. Qualche piccolo problema tecnico come lo stacco nero fra alcune scene che a volte rompe la fluidità della narrazione, contribuisce però a dare un senso di ingenuità, ma anche di genuinità al video.
Molto divertente anche il breve corto di soli 7 minuti “life of Marianne Werefkin in music” con la tecnica del cartone animato, realizzato sempre da Carmen Perdomo.
Complimenti quindi per l’ideazione e la realizzazione del progetto, che ha un importante valore sociale oltre che artistico.


martedì 22 novembre 2016

Il tempo delle case del Teatro dei Fauni le prossime repliche (26-27-28 novembre)

Una bambina, la sua casa rosa in riva al lago e il suo quartiere sono i protagonisti de Il tempo delle case, spettacolo di teatro di narrazione, di e con Santuzza Oberholzer della compagnia Teatro dei Fauni, accompagnata con la musica dal vivo di Tiziano Tomasetti, con la regia di Andrea Valdinocci e Walter Broggini.
Lo spettacolo che ha debuttato alla fine di ottobre al Teatro sociale di Bellinzona, sarà poi anche all'Osteria del Teatro di Banco (26 novembre, ore 19 cena, 21 spettacolo) e Sala Congressi di Muralto (27 novembre ore 17.00 e in replica per le scuole aperta al pubblico, lunedì 28 novembre ore 10.00) nella rassegna OSA!

Le case dove abbiamo vissuto ci hanno modellato, come se questo involucro, che sta un po’ oltre il nostro corpo ed emozioni, ci abbiano lasciato una traccia, sono diventate parte di noi.

Santuzza Oberholzer e Tiziano Tomasetti


Attraverso ricordi d’infanzia, la narrazione scorre, presentando brevi e divertenti aneddoti della vita e degli usi degli anni ’60, regalandoci le atmosfere di una Locarno a toni pastello e della vita di un quartiere con i suoi viali alberati, le botteghe degli artigiani, le fabbrichette che all’epoca animavano le cittadine di provincia.

La casa sul lago protagonista del racconto, che oggi non esiste più

La vita di tutti i giorni porta con sé le piccole grandi rivoluzioni di un periodo in grande fermento, dove per donne e bambine anche portare pantaloni e capelli corti, era segno di una rivoluzione generale che si stava avvertendo nell’aria. Durante il racconto, Oberholzer delinea con pennellate veloci una carrellata di personaggi ora buffi ora più autorevoli, appartenenti al piccolo mondo racchiuso dentro la casa e incontrati per strada.
Dal palazzo sul lago, quando si fa notte la protagonista si sposta nella casa dei sogni, come chiama quel luogo intimo da cui non si trasloca, dove forse abita l’anima.

di Cristina Radi



lunedì 14 novembre 2016

In viaggio con Remo Rossi

Da un’entrata discreta in Via Rusca 8 a Locarno, si accede alla Fondazione Remo Rossi, che ha sede proprio nella sua bella casa. In giardino opere dello scultore, conosciuto soprattutto per alcuni monumenti pubblici molto noti. A Locarno tante le opere funebri presso il cimitero e poi il Toro ai Giardini Rusca, il San Carlo di fronte all’omonimo Istituto per anziani o la simpatica Foca in Piazza del Governo di Bellinzona, sono solo alcuni dei suoi lavori, sotto lo sguardo di passanti più o meno consapevoli.
Remo Rossi (Locarno 1909 – Berna 1982) è ritratto in diverse foto, come un omone con le mani sporche, impregnato della sua materia: dal gesso, alla cera, dal bronzo fino al polistirolo modellato con la fiamma dell’ultimo periodo. Nella sua casa, volutamente conservata secondo lo schema originale, un archivio dei suoi scritti, una biblioteca aperta al pubblico con molti volumi d’arte, e una grande sala, dove ora è allestita fino al 5 marzo 2017 In viaggio, Remo Rossi. Appunti di uno scultore, una bella mostra che vuole portare alla luce un aspetto più privato dell’artista, ma non di minor valore.


Sono esposti diversi disegni, che costituiscono veri e propri quaderni di viaggio. Taccuino alla mano, Rossi viaggia attraverso l’Europa, tornando più volte in Italia e arrivando fino alla Grecia e alla Turchia, dove ritrae quello che dei monumenti storici, più lo colpisce, fissandolo velocemente sulla carta secondo il suo stile. Ecco quindi che le linee morbide delle Madonne del Rinascimento e delle formelle dei Della Robbia, si fanno più squadrate e quasi geometriche. 


Dai disegni fatti al volo con penna, pennarello e ripassati in un secondo momento anche con l’acquerello, ne emerge una vera passione per l’arte classica greca e romana: statue greche ritratte nei musei italiani, greci o anche inglesi, le famose Cariatidi del Partenone, animali mitologici.


La mostra è stata per la Fondazione un vero e proprio punto d’arrivo di un lungo lavoro di indagine, per catalogare e datare i disegni. Molti infatti non avevano datazione, considerati probabilmente solo schizzi ad uso privato. Attraverso il confronto con immagini fotografiche, lettere e il contatto diretto con gli enti a cui le opere ritratte appartengono, si è riusciti così a ricreare un percorso artistico e soprattutto esistenziale dell’artista. E questo credo sia il valore profondo di questa esposizione, da cui anche attraverso fotografie e scritti anch’essi esposti, trapela la vita reale dell’artista; i viaggi, le persone e i luoghi con cui è venuto in contatto, un percorso personale che fa emergere l’uomo e le sue passioni, mostrandone un lato più intimo e nascosto.

La mostra è aperta fino al 5 marzo 2017
mercoledì, giovedì e sabato 9.00-11.30
venerdì 14.00-17.30
per info: tel. 0917512166
FondazioneRR@gmx.ch

di Cristina Radi